Mostra fotografica a cura di Gianni Cataldi
promossa da Cacciatori d’Ombra
in collaborazione con Cineclub Canudo
nell’ambito della XVI edizione di
AVVISTAMENTI
(Non) è un festival
Geografia degli incontri è una mostra fotografica a cura di Gianni Cataldi, promossa dall’associazione Cacciatori d’Ombra, in collaborazione con Cineclub Canudo, nell’ambito delle attività espositive in programma alla XVI edizione di Avvistamenti (non) è un Festival, realizzata con il patrocinio dell’Assessorato all’Industria Turistica e Culturale della Regione Puglia e del Comune di Bisceglie.
La mostra si svolgerà presso il Palazzo Tupputi – Laboratorio Urbano Bisceglie dal 2 al 16 marzo e sarà visitabile dal lunedì al venerdì dalle ore 18 alle 20:30.
“Questo progetto nasce dalla voglia di raccontare e raccontarci, incominciando dagli ultimi, dai perdenti, dalle loro tante piccole storie, che dalla partitura scritta del quotidiano riusciamo a estrapolare per trasformarle in emozioni e momenti di riflessione. Il titolo non poteva essere più adatto, Geografia degli incontri”, Gianni Cataldi.
Cos’è? È la predisposizione ad andare incontro al mondo. La macchina fotografica diventa uno strumento attraverso il quale raccogliere storie per trasformarle in poesia, metafora della vita stessa. È una geografia che non conosce limiti: nessuna barriera linguistica, etnica o territoriale.
Perché? Per abbracciare le storie, farle proprie, raccontarle al mondo.
Avvistamenti è un progetto articolato che focalizza l’attenzione sul mondo del cinema e dell’audiovisivo e sul suo complesso rapporto con le altre arti, organizzato dal Cineclub Canudo a partire dal 2002 a Bisceglie, recuperando la storia e il significato dell’antico nome della città: Vigiliae. Letteralmente sentinella, vedetta, questo nome si riferisce alla sua storica vocazione all’avvistamento, data la strategica collocazione sul mare. Avvistare vuol dire guardare lontano, vedere ciò che è distante o non facilmente visibile all’occhio umano. L’avvistamento presuppone quindi una giusta distanza dalle cose, per metterle bene a fuoco: una distanza intesa non come barriera insormontabile, ma come distesa che si offre al vedere e confine da varcare, un territorio da esplorare e in cui avventurarsi per primi. Guardare lontano, infatti, significa anche vedere in anticipo per orientare la rotta, prevedere nuovi orizzonti e nel nostro caso preconizzare nuovi linguaggi e visioni.
Nicla Sisto “Alicia: una storia argentina”
Il mio lavoro mira a ripercorrere un’indelebile traccia “nella e della” memoria di una donna, Alicia Furman, argentina, classe 1945, sorella di Oscar Cesar Furman, medico, militante montoneros, scomparso nel nulla insieme ad altri 30.000 desaparecidos, precisamente il 28 novembre del 1976, durante gli anni della dittatura civico – militare argentina. Ripercorrendo con lei le non-tracce, ascoltando i suoi racconti, ho incontrato le vicissitudini di un intero popolo, in un periodo storico non molto lontano dai nostri giorni, le cui conseguenze sono ancora oggi respirabili e palpabili, soprattutto a causa dell’ultimo cambio di governo nel 2015. Alicia mi ha condotto nella storia, raccontandomi di proteste, sparizioni, centri di detenzioni clandestine, voli della morte e soprattutto delle Madri di Plaza de Mayo, donne coraggiose e disperate che, attraverso la lotta e la divulgazione, hanno portato l’attenzione su quanto nel loro paese stava avvenendo. Ed è grazie alle Madri che, persone come Alicia, hanno potuto ritrovare una strada ed in alcuni casi anche una verità. La giustizia è ancora lontana ma la vita va avanti, come questa settantenne e questo popolo dimostrano ancora. Attraverso i suoi sguardi, la sua vita, i suoi frammenti, ripercorrendo, insomma, la storia di un singolo, ho tentato di raccontare e ricostruire una sorta di memoria collettiva. Io credo che la storia di Alicia, di Oscar e di conseguenza di tantissimi argentini, si collochi all’interno di quel confine, entro cui giocano destino comune e singole storie, in cui grandi dinamiche si intersecano a piccole dinamiche ed il particolare si fonda al generale, un confine difficile da interiorizzare.
Gianni Cataldi “Soy Cubano”
Nel 1958 Ernesto Che Guevara ottiene una vittoria strategica a Santa Clara contro il dittatore Batista, che è costretto a cedere il potere ai ribelli rivoluzionari. Nel 1959 Fidel Castro viene accolto all’Avana come un eroe. Il suo governo vara una storica riforma agraria.
Castro nazionalizza diverse proprietà americane a Cuba, gli USA rispondono con l’embargo sullo zucchero cubano. Castro comincia immediatamente a vendere zucchero ai russi.
Nel 1991 quando l’Unione Sovietica cessò di esistere, Cuba è costretta ad affrontare una grave crisi che Castro ironicamente definisce: “Il Periodo Especial”. Seguì un razionamento di tutti generi di consumo. Furono tre anni terribili e oggi molti di questi aspetti segnano la vita quotidiana a Cuba.
Dopo ulteriori restrizioni da parte del governo Bush, il presidente americano Obama annuncia un disgelo con Cuba, ma ad oggi con il successivo governo Trump vengono riconfermate le restrizioni. Cuba ha oggi una popolazione di 11 milioni di persone, molte delle quali si barcamenano ancora a modo loro per avere latte in polvere a sufficienza per i figli, un gabinetto con lo scarico e un balcone che non crolli.
L’Avana si presenta come teatro degli avvenimenti che hanno segnato la storia del paese. Nella storia della città si è prodotta una stratificazione di cui sono testimoni i colori: ocra, pastello, cobalto, verde oliva si alternano e sovrappongono sulle facciate dei palazzi senza che l’uno abbia la meglio sull’altro, tutti democraticamente corrosi dalla salsedine e l’incuria. In questa cornice si muovono migliaia di corpi, una rassegna di personaggi dalle caratteristiche più disparate: la loro indole e i loro tratti fisici sono il risultato di mescolanze di razze europee, indigene e africane. Il loro carattere e i loro lavori raccontano di una storia che li ha visti schiavi, combattenti, navigatori, borghesi, rivoluzionari speranzosi, rivoluzionari disillusi. Mi muovo tra degrado, desolazione e sogni infranti, ma nei loro occhi leggo il coraggio di andare avanti e una grande dignità.
Dedico questo lavoro al popolo cubano, che ha subito un assurdo embargo. Ringrazio coloro che mi hanno ospitato nelle loro case raccontandomi le loro storie, che spero essere riuscito a trasformare in immagini con la stessa intensità ed emozioni con cui le ho vissute.
A Cuba ho riso, ballato, pianto, in poche parole ho vissuto.
Vernissage: venerdì 2 marzo 2018, ore 19:00.
Mostra visitabile dal 2 al 16 marzo 2018 a Bisceglie
dal lunedì al venerdì, ore 18:00-20.30 (ingresso libero)